La parità di genere non è una questione matematica, è innanzitutto un principio valoriale che si basa nella possibilità di avere un pari trattamento tra uomini e donne affinché si possa accedere liberamente a determinate funzioni e ruoli all’interno della società. È di fatto una rivoluzione culturale e organizzativa che vede come protagoniste le donne. Perché proprio le donne? Perché la disparità di reddito nelle stesse posizioni lavorative è ancora grande, spesso viene limitato loro l’avanzamento di carriera e ancora i ruoli apicali o manageriali sono di fatto riservati agli uomini. Per non parlare poi del fatto che hanno più difficoltà a trovare lavoro perché la maternità è vista come un ostacolo.
Tanto è stato fatto negli ultimi anni, almeno in superficie, al punto da sembrare quasi superfluo ribadire il concetto che le donne abbiano pari diritti e pari opportunità degli uomini. Purtroppo, ai progressi culturali non sono seguiti i fatti. Il Covid-19 ha poi reso tutto più difficile. In Italia, sebbene la pandemia abbia colpito tutta la società, a pagare il conto più salato della crisi occupazionale sono state le donne. I numeri parlano chiaro: secondo una prima indagine Istat, da dicembre 2019 a dicembre 2020 si sono persi 444mila posti di lavoro, di cui ben 312mila occupati da donne, le quali vedono anche aumentare il tasso di inattività. Nel solo mese di dicembre 2020 a perdere il lavoro sono state 99mila donne su un totale di 101mila posti andati in fumo: 99mila donne contro 2000 uomini. Dunque, oggi il tema della disparità tra uomo e donna è centrale se si vogliono fare ragionamenti su possibili avanzamenti della nostra società e della nostra economia.
Inoltre, l’uguaglianza di genere è anche uno dei traguardi fissati dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile. Il focus è sugli obiettivi “5 e 4”. Il primo goal – n. 5 – riguarda l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne, ovvero il processo di crescita e di rafforzamento del senso di potere e di fiducia delle donne nella propria capacità di compiere scelte significative per sé e per altri in ambito personale, sociale, politico ed economico.
Il secondo goal – n. 4 – è incentrato sull’accesso globale, in un mondo del lavoro in evoluzione. alla formazione di qualità e all’apprendimento continuo, il cosidetto “Lifelong Learning”.
STORICAMENTE UNA STRADA IN SALITA
Guardando l’evoluzione della storia industriale italiana, caratterizzata da sempre da una crescita a forte connotazione maschile, si nota subito che l’imprenditoria femminile nel nostro paese è un fenomeno relativamente recente. Per molto tempo le donne hanno giocato un ruolo marginale nel tessuto imprenditoriale a causa di una società dove la divisione dei compiti all’interno della famiglia tra uomo e donna era netta e l’accesso al mondo del lavoro per le donne era decisamente ostacolato da fattori culturali. A dispetto di quanto può sembrare però, in quegli anni le donne hanno avuto la capacità di gettare le basi di quelle che sarebbero state le loro abilità future dando prova della loro capacità di una oculata gestione delle economie della famiglia.
Nonostante le condizioni di svantaggio in cui sono state relegate negli anni passati, esse hanno trovato le energie e le motivazioni per far emergere le proprie iniziative e portarle al successo. Col passare del tempo, un numero sempre crescente di donne ha scelto di orientarsi verso il mondo dell’imprenditoria grazie ai benefici che offre nel bilanciamento tra lavoro e vita privata. Una propria impresa rappresenta per molte donne un modo alternativo per prendere il controllo della propria carriera e al tempo stesso, continuare ad occuparsi della famiglia e dell’educazione dei figli grazie alla maggiore flessibilità e autonomia rispetto al lavoro dipendente. Un ulteriore fattore che ha sostenuto la spinta all’imprenditorialità femminile è stato la necessità di cercare di liberarsi dal divario salariale e di opportunità rispetto agli uomini. Sfavorite nelle attività economiche e sottovalutate dal mondo del lavoro, le donne hanno sviluppato una maggiore determinazione a rischiare con una carriera da imprenditrici per realizzare i propri obiettivi ed avere successo nel mondo degli affari. L’Osservatorio dell’imprenditorialità femminile di Unioncamere e InfoCamere del 2020 ci mostrano la solida presenza femminile nel tessuto imprenditoriale italiano ed evidenziano che il fenomeno è diffuso. Basti pensare che, se nel nostro paese circa il 22% delle imprese è guidato da donne, negli Stati Uniti questa percentuale sale addirittura al 45%. Segno che la propensione delle donne a “mettersi in proprio” è una tendenza destinata a crescere.
I dati dunque, ci regalano una iniezione di ottimismo e di speranza per il futuro soprattutto per la rilevanza del contributo che le donne possono fornire alla crescita economica a livello internazionale: secondo stime dell’International Labour Organization – ILO – il potenziale produttivo sottoutilizzato riferito alle donne è del 50%, contro il più ridotto 22% degli uomini. Le donne rappresentano quindi una grande risorsa che non possiamo più permetterci di sottovalutare e che potrebbe fare la differenza per lo sviluppo del nostro paese.
NUOVE TECNOLOGIE E ACCESSO AL CREDITO: LA MOSSA GIUSTA PER MOLTE DONNE
Le ragioni che spingono una donna ad intraprendere la carriera di imprenditrice sono molteplici: maggiore flessibilità rispetto all’occupazione di un lavoro normale, maggiore libertà e controllo sul proprio tempo con la possibilità di lavorare da casa, l’essere al di fuori di una struttura gerarchica e formale di lavoro e molto altro ancora. Agevolare la creazione di nuove imprese al femminile diventa una necessità per il nostro paese se veramente si vuole contribuire ad un equilibrio di pari opportunità tra uomini e donne. Affinché ciò avvenga, occorre lavorare non solo con le consuete leve delle politiche pubbliche per favorire la presenza femminile nelle attività economiche, ma anche con una serie di iniziative mirate, volte ad accelerare il cambiamento culturale e a sostenere l’imprenditoria delle donne.
Un supporto molto efficace può venire da investimenti in misure agevolative che favoriscano la diffusione delle nuove tecnologie abilitanti la trasformazione digitale, oppure in spazi di coworking dedicati alle donne imprenditrici con servizi accessori come ad esempio quelli da riservare alle neomamme, ma soprattutto nel facilitare l’accesso al credito con schemi di microfinanza innovativi. Volendo schematizzare la ricetta per sostenere e incentivare la creazione di nuove imprese, tre sono gli ingredienti per il successo:
Il progetto: Un progetto senza un piano concreto accompagnato da una chiara visione imprenditoriale, porta certamente a difficoltà e fallimenti. Si verificherebbero perdite di tempo e di denaro, spreco di opportunità, ma soprattutto la cosa più grave, la perdita della fiducia in ciò che si sta facendo dovuta alla mancanza di risultati. Per trasformare un’idea in realtà, occorre la corretta definizione del progetto, individuare un piano per la sua realizzazione con obiettivi specifici e tempi certi. L’ideale sarebbe rendere disponibile un processo di affiancamento, una forma di “mentorship” che supporti le future imprenditrici, attraverso il confronto semplice ed immediato con dei professionisti esperti di impresa, tecnologia, business model, marketing, etc, e le accompagni verso gli obiettivi che si sono poste.
Le nuove tecnologie abilitanti la trasformazione digitale: Oggi sono disponibili tecnologie innovative (Cloud, Intelligenza artificiale, BigData, e-commerce e altro ancora) che le giovani imprenditrici possono sfruttare per introdurre nuovi modelli di business e creare soluzioni aderenti ai bisogni dei clienti. Tali tecnologie creano le condizioni ideali per l’innovazione e per raggiungere l’obiettivo di uguaglianza di genere perché, oltre a favorire l’impresa al femminile, possono accelerarne la crescita aiutandola concretamente ad avere successo, indipendentemente dalla dimensione, dalle competenze, dal settore industriale o dalla collocazione geografica. Di fatto, le tecnologie digitali creano i presupposti per aggirare le tradizionali barriere culturali e di mobilità come ad esempio: lavorare in modo flessibile e distante, accedere a nuovi mercati senza spostarsi, acquisire nuovi clienti e interagire meglio con quelli esistenti, ricevere formazione oppure fornire mentoring da remoto.
L’accesso al credito: Ogni buon progetto imprenditoriale ha bisogno prima di tutto di una valida strategia finanziaria con la quale far fronte alle varie voci di spesa previste nel business plan. Nel definire le tipologie di finanziamenti più idonei, la neo-imprenditrice deve considerare che la struttura finanziaria deve adattarsi alle varie fasi di vita dell’impresa e che andrà adeguata alle esigenze del momento con un giusto mix tra capitale proprio e capitale di debito. In pratica a seconda del fabbisogno finanziario esistono diverse categorie di potenziali finanziatori e di investitori di capitali di rischio che possono intervenire con forme e tempi differenti. Purtroppo, le crisi economico-finanziaria degli ultimi anni ha rappresentato un grande ostacolo al reperimento delle risorse necessarie e all’accesso al credito.
CONCLUSIONI
Come abbiamo potuto vedere un percorso di rinnovamento è iniziato. Le imprenditrici italiane sono preparate e innovano, hanno idee brillanti e portano avanti i loro progetti con decisione e coraggio. Il cambiamento culturale, il supporto delle nuove tecnologie e i numerosi strumenti finanziari oggi disponibili, sono i pilastri su cui costruire una nuova società dove ci sia più spazio per l’imprenditoria al femminile e dove le disparità di genere siano superate per evitare lo spreco della metà del nostro capitale umano.
Si pone dunque l’esigenza di continuare a investire su questi fattori se vogliamo, come sistema paese, cogliere l’opportunità che ci offre il ruolo della donna per dare robustezza allo sviluppo economico e sostenibile di cui abbiamo tanto bisogno.
SZ